...nei diari di viaggio delle donne si coglie che la nostalgia non è tanto nel desiderio del ritorno, ma nel viaggio come ricerca dello "spaesamento".
Prima di iniziare con questa serata speciale dedicata ad una giovane, promettente scrittrice, Daniela Del Mese, vorrei ricordare una donna che, a proposito di viaggi, ci ha saputo condurre in orizzonti inimmaginabili, sapendo tuttavia rimanere sempre con i piedi per terra, con la sua intelligenza, passione e magnifica semplicità:
Margherita Hack
Ho trovato in libreria una nota di Francesca Fiorillo che con piacere pubblico, come affettuoso saluto di tutti noi di Playlife alla grande astrofisica:
"La scienza ci dice che gli atomi del nostro corpo non sono nati qui, sul nostro pianeta, ma sono stati forgiati nel crogiolo nucleare di lontane generazioni di stelle. Noi, quindi, come diceva Shakespeare, siamo fatti della stessa sostanza delle stelle che scorre nel nostro corpo come il fiume della Via Lattea. Così stando le cose, la fisica astronomica nascerebbe dal desiderio nostalgico di scoprire nell'Universo la propria origine: Margherita Hack sta ora continuando il suo lungo viaggio tra le stelle.
Come la settima Pleiade, apparentemente perduta, farà parte anche lei della nostra mappa del cielo..."
Le sette Pleiadi nella Mitologia
Ed ora...si parte con
I treni che passano,
racconto di
Daniela Del Mese
che ulteriore, profonda corrispondenza con l'evanescenza dell'anima.
Stasera ci lasciamo attraversare da un racconto che ha tutta la ricchezza di un viaggio ben fatto, andata e ritorno, con la voglia di sostare, ma solo per immaginare la prossima partenza. Così, quando Valeria Rinaldi, la protagonista, prende la sua decisione... nelle ultime righe del racconto, viene da pensare cosa farà da quel momento... . Noi speriamo che, soprattutto, non molli la sua Autrice, provocandola ancora alla scrittura, una scrittura essenziale, a tratti cinica, capace di scolpire senza alcuno spreco di parole, persino dure verità affettive, come questa...
"Alla radio qualcuno parlava di un uomo fatto a pezzi da una donna. Valeria pensò che alcune persone preferiscono prendersi a pezzi, perché a prendersi intere ci vorrebbe troppa forza."
Leggiamo ancora un passaggio insieme all'Autrice:
"Adorava i treni . Amava guardarli passare, uno dopo l’altro, che non sai mai se quello che stai guardando in quel momento sia quello dei giorni passati o sarà quello dei giorni futuri. Mentre i passeggeri restano indistinti, anonimi. Infondo la gente che parte si somiglia tutta un po’ e la gente che ritorna si somiglia ancora di più. La gente che prosegue nel cammino, a volte, si riconosce."
Stasera ci lasciamo attraversare da un racconto che ha tutta la ricchezza di un viaggio ben fatto, andata e ritorno, con la voglia di sostare, ma solo per immaginare la prossima partenza. Così, quando Valeria Rinaldi, la protagonista, prende la sua decisione... nelle ultime righe del racconto, viene da pensare cosa farà da quel momento... . Noi speriamo che, soprattutto, non molli la sua Autrice, provocandola ancora alla scrittura, una scrittura essenziale, a tratti cinica, capace di scolpire senza alcuno spreco di parole, persino dure verità affettive, come questa...
"Alla radio qualcuno parlava di un uomo fatto a pezzi da una donna. Valeria pensò che alcune persone preferiscono prendersi a pezzi, perché a prendersi intere ci vorrebbe troppa forza."
Leggiamo ancora un passaggio insieme all'Autrice:
"Adorava i treni . Amava guardarli passare, uno dopo l’altro, che non sai mai se quello che stai guardando in quel momento sia quello dei giorni passati o sarà quello dei giorni futuri. Mentre i passeggeri restano indistinti, anonimi. Infondo la gente che parte si somiglia tutta un po’ e la gente che ritorna si somiglia ancora di più. La gente che prosegue nel cammino, a volte, si riconosce."
"Il treno fu passato e, come tutte le mattine, la sua giornata poté cominciare.
Andò al telefono e compose IL numero.
“Pronto”, Valeria provò una piacevole sensazione di calore.
“Pronto mamma, sono Valeria!”, aveva una voce rauca come se avesse urlato, come se avesse fatto freddo, come se avesse fatto freddo mentre urlava, ma era tutta la vita che quella voce stava lì ed era da parecchio che faceva freddo.
“Tesoro, dimmi, ma in fretta che devo andare”. Dove sarebbe andata? Aveva sempre un piede fuori dalla porta, ma stranamente rispondeva sempre al telefono."
...immaginiamo che Valeria Rinaldi, la protagonista del racconto, ami questo quadro di Manet?
Concludiamo con un passo di grande respiro interiore, catartico...
Concludiamo con un passo di grande respiro interiore, catartico...
“I binari mi fanno
orrore”, era stata la sua risposta.” E aveva continuato “ Sai cosa sono due
rette parallele?” , e Valeria“ Due rette che non si incontrano mai!”.
E lui, come se fosse
stata la cosa più normale del mondo “ecco, appunto!”. Valeria non andò oltre e
neanche suo padre sentì di doverlo fare.
Ecco, appunto!
********
Passò un’altra mezzora e Valeria cominciò a realizzare che il treno, con molta probabilità, non sarebbe passato. Si affacciò alla finestra e fissò i binari. Pensò a quando due linee non si incontreranno mai, ma sono destinate a proseguire insieme.
Passò un’altra mezzora e Valeria cominciò a realizzare che il treno, con molta probabilità, non sarebbe passato. Si affacciò alla finestra e fissò i binari. Pensò a quando due linee non si incontreranno mai, ma sono destinate a proseguire insieme.
Complimenti Daniela
e a tutti voi, qui di seguito, il racconto integrale.
Buona lettura
"Era l’alba. Una pallida luce illuminava una croce. La chiesa era chiusa ma qualcuno già chiedeva miracoli, mentre altri elemosinavano spicci e un po’ di attenzione.
Appoggiata alla finestra,
Valeria osservava con quanta cura i “miracolandi” si tenessero a distanza dai
mendicanti e con quanta cura questi ultimi pregassero affinché nessun miracolo
avvenisse. Stasi.
Alla radio qualcuno parlava di
un uomo fatto a pezzi da una donna. Valeria pensò che alcune persone
preferiscono prendersi a pezzi, perché a prendersi intere ci vorrebbe troppa
forza.
La sua tazza di tè fumava
appannando il vetro della finestra, così le figure lungo la via diventavano
macchie indistinte, che pian piano si mescolavano le une alle altre e non c’era
più pezzo che tenesse, tutto parte della stessa immagine riflessa negli occhi
di una ragazza intenta a bere il suo tè.
La finestra che dava sul lato
opposto a quello della chiesa si mise a vibrare. Era il segnale che anche
quella mattina il treno delle sette sarebbe passato. La ragazza corse alla
finestra, perché per nulla al mondo si sarebbe persa quel momento. Adorava i
treni . Amava guardarli passare, uno dopo l’altro, che non sai mai se quello che
stai guardando in quel momento sia quello dei giorni passati o sarà quello dei
giorni futuri. Mentre i passeggeri restano indistinti, anonimi. Infondo la
gente che parte si somiglia tutta un po’ e la gente che ritorna si somiglia
ancora di più. La gente che prosegue nel cammino, a volte, si riconosce.
Il treno fu passato e, come
tutte le mattine, la sua giornata poté cominciare.
Andò al telefono e compose IL
numero.
“Pronto”, Valeria provò una
piacevole sensazione di calore.
“Pronto mamma, sono Valeria!”,
aveva una voce rauca come se avesse urlato, come se avesse fatto freddo, come
se avesse fatto freddo mentre urlava, ma era tutta la vita che quella voce
stava lì ed era da parecchio che faceva freddo.
“Tesoro, dimmi, ma in fretta
che devo andare”. Dove sarebbe andata? Aveva sempre un piede fuori dalla porta,
ma stranamente rispondeva sempre al telefono.
“ Mi hanno chiamato per un
lavoro. E’ una radio. Hanno sentito la mia trasmissione giovedì e mi
vorrebbero.”
E la madre “ La trasmissione
che fai gratuitamente? Questi pagherebbero? E il lavoro dal dentista? Non puoi
rischiare di perdere tutto”
“Si ma …” tentò di rispondere
invano. La madre continuò “ No, Valeria, pensaci bene. Hai bisogno di un lavoro
per vivere, non di un sogno”
“Va bene mamma”, sospirò e poi
cambiò discorso “ Papà?”
“ Lo sai..” anche la madre
sospirò “ è nella Stanza , esce solo per mangiare e dormire ormai. Dicono sia
la vecchiaia”.
Già, la Stanza … era invasa da
scaffalature sulle quali erano sistemate, con grande cura,le riproduzioni di
ogni sorta di mezzo a motore mai esistito. C’era la riproduzione fedele di una
delle prime automobili mai costruite, c’erano una serie di ambulanze, un montacarichi, un furgoncino dei gelati,
una ruspa, svariati mezzi dei vigili del fuoco, della polizia, dei carabinieri,
dei vigili urbani, della forestale e così via. C’erano mezzi a due ruote, a tre
ruote , a quattro , a cinque e anche a sei. Anche i cingolati non mancavano.
Poi diverse navi, svariati aerei e alcuni elicotteri.
A Valeria risuonavano spesso in
mente le parole di suo padre: “ C’è chi pensa alla strada da percorrere e a chi
invece interessa il motore con cui farlo”.
Aveva sempre creduto che fosse un
bel modo di normalizzare quella passione che era lentamente diventata
un’ossessione.
Tutte le riproduzioni andavano
spolverate e lucidate due volte a settimana e il resto della famiglia aveva
diritto ad accedere nella stanza solo in sua presenza. Quando usciva serrava la
porta con un lucchetto e portava con sé la chiave e ben stampata in mente
l’esatta disposizione di ogni mezzo, di ogni ruota, di ogni granello di
polvere, in modo che se qualcuno fosse riuscito ad entrare in sua assenza, lui
lo avrebbe sicuramente saputo.
Valeria era quella che aveva
messo piede più spesso in quella stanza. Ricordava il forte odore di chiuso,
una sensazione claustrofobica ed una grave mancanza: non c’erano treni, neanche
uno a vapore.
Intanto la telefonata si era
conclusa con il solito “ Ciao eh!”. Da quando aveva riattaccato, Valeria
provava una sensazione di profondo fastidio e avrebbe fatto di tutto pur di non
ammetterlo a se stessa, avrebbe fatto
talmente tanto che alla fine non fece niente e fu costretta a realizzare che
avrebbe solo voluto sentirsi dire “accetta”.
Era la seconda proposta in un
mese, la prima la aveva rifiutata e ora non ricordava neanche il motivo,
probabilmente doveva aver fatto una telefonata di troppo.
Sentì una rabbia esploderle
dentro e proprio in quel momento ricordò di quando, qualche anno prima, aveva
chiesto a suo padre il perché nella Stanza non ci fossero treni.
“I binari mi fanno orrore”, era
stata la sua risposta.” E aveva continuato “ Sai cosa sono due rette
parallele?” , e Valeria“ Due rette che non si incontrano mai!”.
E lui, come se fosse stata la
cosa più normale del mondo “ecco, appunto!”. Valeria non andò oltre e neanche
suo padre sentì di doverlo fare.
Ecco, appunto!
Tra un ricordo e l’altro,
cercando di riemergere dalla furia che l’aveva travolta, la ragazza uscì di
casa. Passo davanti la chiesa, lasciò una moneta al mendicante e lanciò
un’occhiata di sfida ad uno dei tanti “miracolandi”.
Lavorò tutto il giorno e tutto
il pomeriggio. Il lavoro, quello vero, nello studio medico. Paziente dopo
paziente, non poteva fare a meno di pensare a quella proposta, ai suoi sogni
che avrebbero potuto realizzarsi e all’improvviso le balzò in mente l’immagine
di sua madre e dalla nuvola sulla quale stava volando scoppiò un temporale.
Al sesto caffè della giornata,
il via vai di pazienti era terminato e quindi, sistemate le ultime pratiche,
prese le sue cose e andò via.
Fuori il sole se n’era andato,
ma non era ancora buio. Avrebbe potuto andare al bar dagli amici, avrebbe
potuto andare a trovare i suoi e invece camminò, a lungo e per varie strade,
guardò le vetrine, guardò le persone, fantasticò sulla loro vita, non quanto
avrebbe voluto, presa com’era a sognarsi la sua di vita. Ma, in quel vento
d’estate, durò poco. Nella strada di casa i sogni erano diventati paure, le
persone giudizi e il vento, che le aveva arruffato i capelli, inadeguatezza.
Altra nuvola, altro temporale!
Entrò in casa, non le piaceva.
Avrebbe cambiato tutto,tranne il passare dei treni. Decise d non mangiare e
stette davanti alla televisione, davanti al computer, lesse un po’ e poi ancora
televisione, ancora libro, ancora computer e così per una terza volta.
Stravolte e confusa cercò di addormentarsi.
Ci riuscì, a tratti. Per altri lunghi tratti pensava alla
proposta, quasi come fosse indecente.
Si fecero le sei e fu allora
che il telefono squillò. Rispose. “ Vale
sono mamma”, una voce spaventata dall’altra parte del telefono.
“Cosa c’è?”. “Papà non è venuto
a dormire, è ancora lì dentro!”.
Pensò che il cuore le si fosse
fermato e invece cominciò a battere sempre più forte,sempre più veloce. Tutto
in pochi istanti.
“Mamma entra, cosa diavolo
aspetti?”, “Non ce la faccio Valeria, non ce la faccio!”, “ Arrivo subito …”
Riattaccò, afferrò una maglia
da mettere sopra il pigiama e corse via.
La casa era distante solo un
centinaio di metri, ma durante il tragitto immaginò decine di scenari diversi,
uno più nefasto dell’altro. Il cuore batteva all’impazzata.
Quando arrivò, trovò sua madre
come non l’aveva mai vista, quasi in lacrime, e quell’immagine le parve quasi
consolatoria.
Non disse niente, raggiunse la
stanza e tirò giù la maniglia della porta. Lo vide addormentato tra un
cacciavite ed un libretto d’istruzioni. Sospirò, poi forse sorrise. Respirò.
Al centro della stanza spiccava
un grande tavolo e poggiati sopra di esso una serie di binari, due file
incompiute. Valeria si guardò intorno, non c’erano treni, questa volta c’era
solo la strada.
Suo padre si svegliò con un
sussulto, era confuso, ma presto la confusione lasciò spazio al fastidio, il
fastidio che provava nel vederle lì, nella sua stanza. Le guardò. Loro
capirono. Valeria capì e le si sciolse il cuore. Senza dire una parola, uscì
dalla stanza insieme a sua madre.
Fece una tisana a sua madre che
la abbracciò, la strinse a sé e forse anche Valeria strinse.
Con quella sensazione ancora
sulla pelle tornò a casa.
Si erano fatte quasi le sette,
il treno sarebbe passato a breve. Guardò i raggi del sole illuminare la
finestra e ne provò un gran sollievo. Dopo circa mezzora il treno non era
ancora passato, la finestra non vibrava, c’era un’aria tranquilla, fuori, nel
mondo.
C’era stato altre volte qualche
ritardo e allora non si preoccupò, andò in cucina ,tanto la finestra l’avrebbe
avvertita.
Passò un’altra mezzora e
Valeria cominciò a realizzare che il treno, con molta probabilità, non sarebbe
passato. Si affacciò alla finestra e
fissò i binari. Pensò a quando due linee non si incontreranno mai, ma sono
destinate a proseguire insieme.
Andò al telefono, compose il
numero. “Pronto” , “Sono Valeria Rinaldi e la chiamo per accettare”."