Filomena Rita
Di Mezza
Mi sono imbattuta nelle Cento famose vedute di Edo, l’antica Tokio, mentre passeggiavo per
le strade di Firenze, grazie ad un libro pubblicato dalla pregevole Casa
Editrice Taschen. Così, in un incontro fatale, sono passata dal cuore del Rinascimento
occidentale alle “immagini del mondo fluttuante” di Hiroshige, il grande
maestro di pittura giapponese nato nel 1797.
Quando sono a Firenze, mi sembra di non potermi mai perdere. E’ come se la grandiosità e la fama dei suoi monumenti creasse un’altra città che mi accompagna silenziosa e immobile, familiare, oltre ogni mutevolezza di atmosfere, impegni e stagioni: il Campanile svettante di Giotto e la Cupola ingegnosa del Brunelleschi mi richiamano al “centro”, mentre il Battistero, con la sua forma ottagonale continua a ricordarmi Federico II e una misteriosa giostra antica, e mi diverte girarci intorno alla ricerca di ciò che sempre sfugge, l’oggetto del desiderio per i laici e l’ottavo giorno, quello della resurrezione, per i cristiani. Maestosi e solidi, i paesaggi artistici della città bordano le fantasie del viaggiatore.
I paesaggi di Hiroshige, al contrario, si posano
davanti agli occhi con la levità della neve, così leggeri, fluttuanti, delicati
da indurre lo sguardo a spaziare con essi, senza
tema di perdersi
nell’espansione del luogo.
La tecnica usata dal maestro affonda le radici nella
tradizione della pittura giapponese e consiste nell’assenza di un punto fisso
che definisca il centro dell’immagine, come accade invece nella prospettiva
lineare occidentale con il suo punto di fuga. Guardiamo ad esempio Il quartiere
dei tintori a Kanda. Le strisce di stoffa colorate in primo piano, che
svolazzano all’aria dove sono state messe ad asciugare dai tintori, monopolizzano l’attenzione dell’osservatore,
ma solo per un attimo, perché benché in primo piano, diventano ben presto solo
un reticolo attraverso cui guardare un altro motivo principale della scena: il
monte Fuji e il palazzo dello Shogun. Questi ultimi si stagliano piccoli,
lontani, spinti sulla sinistra del foglio: eppure centrali.
Magie dei giochi
prospettici di Hiroshige, che sovrappone piani e linee e colori per farci
sentire al centro di un paesaggio, dove girando lo sguardo con meraviglia,
abbiamo la sensazione di poter afferrare tutto il mondo che ci avvolge intorno.
Il centro, insomma, siamo noi, ma solo come parte di una scena, momentanea e
fugace.
Piove e fa molto freddo a Firenze. Ma più vera mi
sembra la pioggia che cade fitta sul ponte di Shin- Ohashi. Provate a guardare
il dipinto, che catturò persino Van Gogh che ne fece una copia a olio. Vi
incurverete nelle spalle insieme alla gente che attraversa quel ponte, come se
quelle nuvole nere incombessero su tutti
noi. Siamo passeggeri di un mondo fluttuante, che si estende uguale oltre i bordi
e i confini e le diverse prospettive, se sappiamo imparare dall’Arte a guardare
oltre le apparenze.
Amo viaggiare per gustare la sorpresa di incontrare
Hiroshige proprio accanto al Battistero di Firenze…proprio come nel giro di una giostra antica, dove le immagini circostanti sono sempre le
stesse, eppure sempre meravigliosamente diverse.