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venerdì 29 novembre 2013

Le cento vedute di Edo e il Battistero di Firenze. Note di viaggio


Filomena Rita Di Mezza

Mi sono imbattuta nelle Cento famose vedute di Edo, l’antica Tokio, mentre passeggiavo per le strade di Firenze, grazie ad un libro pubblicato dalla pregevole Casa Editrice Taschen. Così, in un incontro fatale,  sono passata dal cuore del Rinascimento occidentale alle “immagini del mondo fluttuante” di Hiroshige, il grande maestro di pittura giapponese nato nel 1797.


Quando sono a Firenze, mi sembra di non potermi mai perdere. E’ come se la grandiosità e la fama dei suoi monumenti creasse un’altra città che mi accompagna silenziosa e immobile, familiare, oltre ogni mutevolezza di atmosfere, impegni e stagioni: il Campanile svettante di Giotto e la Cupola ingegnosa del Brunelleschi mi richiamano al “centro”, mentre  il Battistero, con la sua forma ottagonale continua a ricordarmi Federico II e una misteriosa giostra antica, e mi diverte girarci intorno alla ricerca di ciò che sempre sfugge, l’oggetto del desiderio per i laici e l’ottavo giorno, quello della resurrezione, per i cristiani. Maestosi e solidi, i paesaggi artistici della città bordano le fantasie del viaggiatore.



I paesaggi di Hiroshige, al contrario, si posano davanti agli occhi con la levità della neve, così leggeri, fluttuanti, delicati da indurre lo sguardo a spaziare con essi, senza 
tema di perdersi nell’espansione del luogo. 


La tecnica usata dal maestro affonda le radici nella tradizione della pittura giapponese e consiste nell’assenza di un punto fisso che definisca il centro dell’immagine, come accade invece nella prospettiva lineare occidentale con il suo punto di fuga. Guardiamo ad esempio Il quartiere dei tintori a Kanda. Le strisce di stoffa colorate in primo piano, che svolazzano all’aria dove sono state messe ad asciugare dai tintori,  monopolizzano l’attenzione dell’osservatore, ma solo per un attimo, perché benché in primo piano, diventano ben presto solo un reticolo attraverso cui guardare un altro motivo principale della scena: il monte Fuji e il palazzo dello Shogun. Questi ultimi si stagliano piccoli, lontani, spinti sulla sinistra del foglio: eppure centrali. 

Magie dei giochi prospettici di Hiroshige, che sovrappone piani e linee e colori per farci sentire al centro di un paesaggio, dove girando lo sguardo con meraviglia, abbiamo la sensazione di poter afferrare tutto il mondo che ci avvolge intorno. Il centro, insomma, siamo noi, ma solo come parte di una scena, momentanea e fugace.



Piove e fa molto freddo a Firenze. Ma più vera mi sembra la pioggia che cade fitta sul ponte di Shin- Ohashi. Provate a guardare il dipinto, che catturò persino Van Gogh che ne fece una copia a olio. Vi incurverete nelle spalle insieme alla gente che attraversa quel ponte, come se quelle nuvole nere  incombessero su tutti noi. Siamo passeggeri di un mondo fluttuante, che si estende uguale oltre i bordi e i confini e le diverse prospettive, se sappiamo imparare dall’Arte a guardare oltre le apparenze.
Amo viaggiare per gustare la sorpresa di incontrare Hiroshige proprio accanto al Battistero di Firenze…proprio come nel  giro di una giostra antica, dove  le immagini circostanti sono sempre le stesse, eppure sempre meravigliosamente diverse.