CON UN PIZZICO DI ACIDITA’…
Per favore, lasciateci
mangiare in pace!
Un tempo si diceva: “quando si mangia, si combatte con la
morte!”. La presenza della Signora con la falce tra i commensali se da una
parte creava una certa apprensione, irrigidendo inopportunamente l’atmosfera, dall’altra
garantiva quel minimo di attenzione per alcune regole di base, utili per
gustare in santa pace un pranzo, prima tra tutte: quando si mangia, non si
parla. Ovvero una bocca, quella per mangiare, scaccia l’altra, quella per
parlare. Il monito era rivolto ai convitati, ma solo perché, in un tempo ormai
lontano, chi preparava e serviva i cibi aveva “il buongusto” di tacere sulla
propria opera, evitando insopportabili sproloqui sulla sostanza e improbabili
descrizioni di estetica che oggi ci tocca ingurgitare: “coscia di tacchino
adagiata su un letto di cavoli”, “foglia di insalata di vattelappesca,
interpretata con un guizzo d’aglio, abbinata ad un vinello nostrano di media
persistenza gusto-olfattiva” e, addirittura, “gola di suino con elisìr tonificante
al limone”, che già te lo vedi, il povero maiale, che deve sopportare di morire sottoposto ad
una raffinata toilette. E vi assicuro che tali affermazioni, tratte da famosi,
spettacolari programmi di cucina, imperversano anche in ristoranti nostrani! Ma
vi prego: smettetela! Qualunque piatto ci venga servito, fosse anche un cestino
di pane, è accompagnato da un insostenibile corredo di parole. Provi a lanciare
un’occhiata (appunto muta) benevola, per indurre l’altro a lasciarti almeno il
pane senza andare oltre, ma, niente da fare!,
dovrai ascoltare il povero cameriere, che un tempo si distingueva
proprio per la capacità di discrezione, declamare a memoria la composizione del
piatto. Se si è fortunati, si eviteranno di avere a tavola direttamente il cuoco
o il proprietario del ristorante, che hanno dalla loro l’aggravante del
narcisismo nel raccontarti ciò che staresti, bontà loro, per mangiare. Già
perseguitati in tutte le salse, è il caso di dire, dalla pantomima del cucinare
fatta da Masterchef e dai suoi cloni, non ci resta che rifugiarci in qualche
posticino dove chi ci ospita sappia tenere la bocca chiusa, perché la vorremmo aprire noi, per mangiare!
e dove, ma ora vado davvero per il
sottile, sia gentilmente suggerito di evitare, se possibile, di fotografare il
cibo come ornamento della propria faccia da mettere su facebook (il maiale di
cui sopra vorrebbe sicuramente che la sua fine ingloriosa fosse molto
riservata!).
Filomena Rita Di Mezza
http://menadimezza66.blogspot.it/