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venerdì 27 dicembre 2013

La Comédie Italienne

 
PLAYLIFE
è solidale
con gli attori
di
La Comédie Italienne
in Montparnasse,
che sono andati regolarmente in scena,
con una Commedia di Goldoni,
il giorno 27 dic. 2013...
contro i tagli a musei e teatri
ritenuti
"Progetti non prioritari"
 

 
 La comédie italienne fu fondata nel 1980 dal regista  Attilio Maggiulli, dopo la chiusura del Teatrino Italiano creato nel 1975 . La Comédie-Italienne, nel cuore di Montparnasse,  resta il solo teatro italiano di Francia e programma esclusivamente pièce di autori italiani, classiche e contemporanee, recitate in francese. Il teatro fu allestito con l'appoggio di Strehler e Calvino.
 
 
 

venerdì 6 dicembre 2013


Telese Terme (BN)
il mio paese

Le Terme Iacobelli

foto di L. Fiorillo







venerdì 29 novembre 2013

Le cento vedute di Edo e il Battistero di Firenze. Note di viaggio


Filomena Rita Di Mezza

Mi sono imbattuta nelle Cento famose vedute di Edo, l’antica Tokio, mentre passeggiavo per le strade di Firenze, grazie ad un libro pubblicato dalla pregevole Casa Editrice Taschen. Così, in un incontro fatale,  sono passata dal cuore del Rinascimento occidentale alle “immagini del mondo fluttuante” di Hiroshige, il grande maestro di pittura giapponese nato nel 1797.


Quando sono a Firenze, mi sembra di non potermi mai perdere. E’ come se la grandiosità e la fama dei suoi monumenti creasse un’altra città che mi accompagna silenziosa e immobile, familiare, oltre ogni mutevolezza di atmosfere, impegni e stagioni: il Campanile svettante di Giotto e la Cupola ingegnosa del Brunelleschi mi richiamano al “centro”, mentre  il Battistero, con la sua forma ottagonale continua a ricordarmi Federico II e una misteriosa giostra antica, e mi diverte girarci intorno alla ricerca di ciò che sempre sfugge, l’oggetto del desiderio per i laici e l’ottavo giorno, quello della resurrezione, per i cristiani. Maestosi e solidi, i paesaggi artistici della città bordano le fantasie del viaggiatore.



I paesaggi di Hiroshige, al contrario, si posano davanti agli occhi con la levità della neve, così leggeri, fluttuanti, delicati da indurre lo sguardo a spaziare con essi, senza 
tema di perdersi nell’espansione del luogo. 


La tecnica usata dal maestro affonda le radici nella tradizione della pittura giapponese e consiste nell’assenza di un punto fisso che definisca il centro dell’immagine, come accade invece nella prospettiva lineare occidentale con il suo punto di fuga. Guardiamo ad esempio Il quartiere dei tintori a Kanda. Le strisce di stoffa colorate in primo piano, che svolazzano all’aria dove sono state messe ad asciugare dai tintori,  monopolizzano l’attenzione dell’osservatore, ma solo per un attimo, perché benché in primo piano, diventano ben presto solo un reticolo attraverso cui guardare un altro motivo principale della scena: il monte Fuji e il palazzo dello Shogun. Questi ultimi si stagliano piccoli, lontani, spinti sulla sinistra del foglio: eppure centrali. 

Magie dei giochi prospettici di Hiroshige, che sovrappone piani e linee e colori per farci sentire al centro di un paesaggio, dove girando lo sguardo con meraviglia, abbiamo la sensazione di poter afferrare tutto il mondo che ci avvolge intorno. Il centro, insomma, siamo noi, ma solo come parte di una scena, momentanea e fugace.



Piove e fa molto freddo a Firenze. Ma più vera mi sembra la pioggia che cade fitta sul ponte di Shin- Ohashi. Provate a guardare il dipinto, che catturò persino Van Gogh che ne fece una copia a olio. Vi incurverete nelle spalle insieme alla gente che attraversa quel ponte, come se quelle nuvole nere  incombessero su tutti noi. Siamo passeggeri di un mondo fluttuante, che si estende uguale oltre i bordi e i confini e le diverse prospettive, se sappiamo imparare dall’Arte a guardare oltre le apparenze.
Amo viaggiare per gustare la sorpresa di incontrare Hiroshige proprio accanto al Battistero di Firenze…proprio come nel  giro di una giostra antica, dove  le immagini circostanti sono sempre le stesse, eppure sempre meravigliosamente diverse.

sabato 26 ottobre 2013

"Ciclamini"...le creazioni artistiche di M. Rosaria Grillo

PLAYLIFE
è lieta di ospitare
le creazioni artistiche
di
M.Rosaria Grillo

Questa è una presentazione molto di parte!
...dalla parte degli affetti, ma soprattutto dell'ammirazione 
per l'eleganza, la raffinatezza e la cura certosina 
nella realizzazione di un lavoro.
Mi è capitato di vedere i luoghi dove M. Rosaria lavora
e
non saprei dire se fossi più incuriosita e catturata da essi 
o dagli oggetti in via di realizzazione.
Arabeschi di cerniere, fiori freschi, essiccati,
 ritagli di giacche delle nonne acquistate solo per ricavarne i magnifici bottoni,
 o quel pezzetto di stoffa che ha un tepore che ora non si trova più.
 Colle, borse, campanellini, cappelli, piccoli mobili restaurati o da restaurare.
Insomma, un mondo fantastico, nel cuore della sua abitazione
che bisognerebbe visitare
quando si è in cerca di un'idea per
esprimere "nelle cose"
una parte di sé, della propria vita.

Pausa
e
ammirate...









Incantevole, 
non trovate?
Ora vi racconto una piccolissima storia


Due bambine passeggiano in un parco. Una si china ogni tanto a raccogliere dei ciclamini, pudichi, col capo inclinato in un’offerta graziosa a chi sappia scorgerli all’ombra degli alberi o delle pietre, desiderarli, reciderli con mano si spera sapiente, senza strapparli, giusto appena sopra la base dello stelo che dovrà rimanere lungo e dritto, il tempo di farne un mazzetto disponendo i fiori a spirale, legati con un filo d’erba: un nodo deciso tra le piccole mani ne sancisce una rinascita, un delizioso bouquet! appena qualche minuto di apnea per la nuova vita dei ciclamini!
La scena si compone negli occhi assorti dell’altra bambina, che appare sempre un po’ altrove, diremmo su un  bordo di esistenza tra le cose circostanti e quelle che animano la sua fantasia, altrettanto intense, allettanti, attraenti. La si potrebbe definire distratta, e di sicuro lo è, se non fosse che quando si ferma a guardare un aspetto del mondo, qualcosa da cui è stata incuriosita, ne è assorbita così profondamente da portare alla luce ogni più intima sfumatura, le ragioni nascoste. Qualche volta  racconta ciò che ha visto agli altri inventando storie. Qualche volta anche gli altri rimangano incantati su quel bordo di esistenza…dove oggi ci sono le opere della bambina che amava raccogliere i ciclamini. 

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Di seguito alcune creazioni
scelte
per il richiamo alla stagione autunnale
Alcune di esse
sono state realizzate da M. Rosaria
per la presentazione di Libri,
Convegni,
e allestimenti eventi.






Grazie a M. Rosaria
per la bellezza delle sue creazioni
e
 a voi tutti
Ciao, a presto.





sabato 5 ottobre 2013


Scritto da una ragazza di 13 anni!

Il macchinista
di
Nathalie F.

(monologo)



 Il macchinista.

La foschia ricopriva tutto il vagone di nero. Buio. Come se non bastasse l’oscurità della notte a far paura ai passeggeri. Erano lì, ignari di quello che succedeva all’esterno. Avevano bisogno di tenere accesi i lumi, vicino. Anche se dormivano. Ogni tanto qualcuno, lo sfortunato che osava aprir gli occhi, urlava. Per quale motivo? Il buio a cui non era abituato lo assaliva e lo portava via. A immaginar persone che venivano a rubar gioielli o preziosità di ogni genere, ladri, assassini. Ad immaginare un buio che con le sue grandi mani li rapiva. Io, “Fabrizio il macchinista”, il ladro, l’assassino della notte, amavo il buio. Amavo perdermi nelle immagini sfocate della notte. Non c’erano più i contorni degli oggetti che li costringono in una forma precisa, ma erano liberi. Proprio come le macchie sul mio vecchio grembiule. Erano lì senza un perché, libere di ricoprire tutto il bianco, troppo luminoso ai miei occhi, scuri come il resto.
Non ero una figura importante in quel treno, un uomo semplice, costretto tutti i giorni a riempire i forni di carbone. Anch’esso nero. Mi trovavo nel vagone più lontano, più buio. Non avevo mai visto la luce. Ne avevo paura. Mi mostrava chi veramente ero: il povero illuso che aveva provato a diventare qualcuno, ma si era dovuto rassegnare. Non mi piacevo affatto. Il mio ruolo era pari a quello di un topo che vive nell’ oscurità delle fogne e se nella notte passavo a portare il carrello con il carbone per i vagoni, sentivo i passeggeri abbracciare i propri figli e dire loro: attenti, porta malattie, la peste! Il mio viso era perennemente ricoperto di fuliggine e cenere scura, come una maschera non riuscivo più a scollarmela di dosso. Una notte, corsi a sciacquarmi il viso, ma le macchie nere erano penetrate a fondo nei tessuti del mio viso magro. Strofinavo fino a farmi grossi graffi sulla faccia, che invecchiava sotto quel nero e me ne accorgevo. In che modo? I miei capelli, forse l’unica cosa che di umano mi restava. Per il resto ero solo un altro pezzo di carbone, bruciato dall’amarezza della mia stessa vita. E così passavo i miei giorni su quel treno nella speranza che un dì si sarebbe fermato, ma era come se mi perseguitasse: il rumore delle rotaie, il sudore per il troppo calore. Io e quel treno eravamo ormai in simbiosi. Se mai si fosse fermato, avrei trovato la pace eterna. Ma ero destinato a morire lì, su quelle rotaie. Il mio destino era come scritto sul carbone. E mi dimenavo, a volte cercavo di fermare il treno non mettendo più carbone nei forni, ma sapevo che non era quello il mio destino.
Invidiavo quelle donne nobili che viaggiavano sul treno, che portavano tante valigie piene di trucchi, di profumi, che si imbellettavano. E alla vista di cotanta bellezza mi lacrimavano gli occhi e mi illudevo che prima o poi avrei potuto avere anch’io una moglie. Mi innamoravo e loro scendevano dal treno e mi lasciavano qui, a soffrire ancora. E ora mi chiedo, per cosa ho vissuto? Per arrivare finalmente alla morte che porrà fine alle mie illusioni?





sabato 28 settembre 2013

Immagini ed esseri veri:
le levatrici, le donne 
e
Socrate




  Socrate: 

"...infatti non avviene alle donne di partorire 

ora immagini, ora esseri veri, 
e che questo non sia facile da capire.

Se questo avvenisse, 
sarebbe opera grandissima e bellissima per le levatrici

 distinguere il vero da quello che non lo è."




Credo che ogni brava levatrice abbia visto tante volte, accanto al bambino vero che viene al mondo, anche quello immaginario, che per qualche momento ancora persiste, prima di svanire, nello sguardo della donna che ha appena partorito. 
E' un momento delicatissimo: la mamma guarda il suo bambino e lo riguarda...poi lo abbraccia e lo riconosce. L'una e l'altra, la donna e la levatrice, sanno che non si cresce dentro di sé solo un essere vero, ma anche uno immaginario, che riveste quello vero come una sorta di placenta più sottile, fatta di desideri, sogni, fantasie...un materiale della gravidanza preziosissimo, che gli occhi femminili, al parto, sanno distinguere ma anche  integrare...


Alla difficoltà, la bellezza e la magia
di
ogni inizio!

Ciao, a presto
da Playlife

mercoledì 11 settembre 2013

Il mosaico di Artimedia

Ciao da Playlife 
ad
ARTIMEDIA!



Un mosaico di 12 mq,
 realizzato in due anni da Artimedia, 
Servizi diurni per adulti con disabilità.
  L'opera è stata consegnata 
alla Città di Lecco 
il 7 settembre 2013.
Il progetto ha coinvolto 55 utenti disabili
 e quattro studenti
 degli Istituti Bovara e Badoni



La città da tèssere…cartolina da Playlife a Lecco.

Filomena Rita Di Mezza

Italo Calvino ha scritto un bellissimo libro, dal titolo Le città invisibili,
 in cui vengono raccontate città immaginarie, fatte di sogni, desideri, memoria, segni. 
Esse costituiscono una trama invisibile della città moderna, che si presenta invece come continua, uniforme, in alcune circostanze, invivibile. Le città del libro sono raggruppate per serie, per esempio vi sono Le città sottili, Le città e gli occhi o Le città nascoste: si tratta di architetture visionarie che lasciano di stucco per la loro ingegnosità e per  la capacità di aprire nuovi spazi… soprattutto mentali.


Quando ho visto il telo che copriva il mosaico di Artimedia-Lecco (Società di servizi per adulti con disabilità), con sopra scritto Una città da tèssere, ho pensato che sarebbe stato un bel titolo per raggruppare alcune città invisibili di Calvino, città che, come Lecco, si rinnovano attraverso un delicato e pregevole lavoro di tessitura, cioè di scambio, di intreccio, di integrazione.


 Così , il  grande mosaico di Artimedia (12 mq) mi sembra  non solo una bella opera artistica, realizzata dagli utenti di questa Associazione per la propria città, ma soprattutto testimonianza dell’arricchimento del tessuto cittadino,  grazie all’integrazione sempre più attiva e creativa  di tutti i suoi abitanti.

Una nota finale: scriveva Gaudì che è la diversità delle tessere che compongono un mosaico a conferirgli luce e profondità.



 Il mosaico, realizzato dalle persone che si incontrano ad Artimedia,  è la piena conferma di questa riflessione dell’Artista.


domenica 8 settembre 2013

Diario d'estate...tra Tracy Chevalier e Van Cleef & Arpels

Diario d'estate




aperitivo con il libro più bello di questa estate



Oops! vedo multiplo!
...ma la dolcezza è Unica!
come certe immagini da catturare per sempre

 Al limite della stanchezza...

..ma in attesa di una meravigliosa serata...



van cleef arpels

Ciao!